Le donne di Cristina Rezzi danno conferma circa la nostra ignoranza.
Pongono certezza al disagio di non sapere dove inizia la materia e dove finisce la luce. Quanto c’è ancora di corpo o se tutto il resto è approssimativo per fotoni.
Ti perdi in questo dubbio e sorvoli su quel corpo, senza chiederti più se sia davvero di una donna.
In fondo davvero le donne della Rezzi hanno protoni di mascolinità. La luce scolpisce le fasce muscolari e ti perdi a provare da che parte del campo stai. Dove passa il confine del tuo essere genere o solo della tua genia.
Inquietano e placano, dunque le donne rezziane. Mettono voglia di saperne di più. Come se a parlarci potessero raccontare tutta l’intuizione di chi le ha fissate in quello scatto.
Fragilità, forse. Malinconia struggente, certamente.
BiagioFioretti